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Fertilità ed ormone antimulleriano

Davide Maiocchi è stato definito il nutrizionista della fertilità, che sta dando speranze in tutti questi anni, alle coppie che cercano delle soluzioni alternative, reali e concrete alla fecondazione, attraverso la nutrizione di segnale.

Desidera dare una possibilità reale, a tutte quelle persone che hanno difficoltà nel concepimento e che soffrono di infertilità, dato che cresce in modo drammatico anno dopo anno.

Che cos'è l'ormone antimulleriano?

L’ormone antimulleriano (AMH) è una glicoproteina rilevabile nel sangue, che rappresenta la riserva ovarica della donna.

La riserva ovarica della donna tende a calare dopo i 25 anni e molto di più dai 30 anni in avanti.

L’AMH (ormone antimulleriano) è sempre connesso al numero di follicoli che la donna ha a disposizione e di conseguenza rappresenta un ottimo strumento per capire realmente la riserva ovarica ancora a disposizione.

Alcuni studi effettuati presso ospedali e cliniche per la fertilità hanno dimostrato che le donne con più alte concentrazioni di questo ormone hanno una migliore risposta alla stimolazione ovarica e tendono a produrre ovociti più recuperabili rispetto alle donne con bassi o non rilevabili livelli di AMH.

Uno dei fattori chiave, ma sicuramente non l’unico, è l’età della donna.

Infatti l’esame dell’ormone antimulleriano è in grado di rilevare delle possibili difficoltà in più rispetto all’età della paziente (valori bassi), ma non vi è alcuna prova che “buoni” risultati (valori alti) significhino una maggiore fertilità prevista in base all’età.

Valori normali dell'ormone antimulleriano

valori normali dell’ormone antimulleriano variano in base all’età ed al sesso. L’esame ne misura la concentrazione nel sangue.

Donne

  • Sotto i 2 anni di età: valori inferiori a 4,7 ng/ml;
  • 212 anni: valori inferiori a 8,8 ng/ml;
  • Tra i 13 ed i 45 anni: valori compresi tra 0,9 e 9,5 ng/ml;
  • Oltre i 45 anni: valori inferiori a 1,0 ng/ml.

Uomini

  • Sotto i 2 anni di età: valori compresi tra 14 e 466 ng/ml;
  • 2-12 anni: valori compresi tra 7,4 e 243 ng/ml;
  • Adulti: valori compresi tra 0,7 e 19 ng/ml.

Attenzione! L’intervallo di riferimento dell’ormone antimulleriano può cambiare in funzione della strumentazione in uso nel laboratorio analisi. Per questo motivo, è preferibile consultare i range riportati direttamente sul referto. Occorre ricordare, inoltre, che i risultati delle analisi devono essere valutati nell’insieme dal medico di base che conosce il quadro anamnestico del proprio paziente.

Non hai più l’età per avere un bambino? Non è l'unico elemento da considerare.

Una bassa riserva ovarica, caratterizzata da bassi valori di ormone antimulleriano, potrebbe anche essere legata a maggiori difficoltà di portare a termine la gravidanza (per una ridotta qualità degli ovociti). 

Molti ginecologi consigliano infatti sempre grande prudenza nell’interpretazione di AMH, in quanto è esperienza diffusa che anche donne con valori “non buoni” possano rimanere incinta (come dimostrano alcuni importanti lavori in letteratura). 

Gli autori hanno osservato che i livelli più alti di AMH al 3° giorno del protocollo di stimolazione erano associati a un maggior numero di ovociti recuperati.

In particolare, i livelli di AMH erano 2,5 volte più alti nelle pazienti con almeno 11 ovociti rispetto a quelle con 6 o meno ovociti recuperati.

Pazienti con valori di AMH più alti tendono ad avere una risposta migliore alla stimolazione ovarica, e ottengono un maggior recupero di ovuli e di qualità migliore.

Quali sono i due trattamenti che vengono proposti per migliorare la riserva ovarica?

  1. Tecnica Scot: Consiste in un autotrapianto di midollo osseo attraverso le cellule staminali. Questa procedura permette di rigenerare l’ovaio e di consentire la crescita dei follicoli che determinano la formazione degli ovociti maturi. Si tratta di follicoli che altrimenti non raggiungerebbero la maturazione e, di conseguenza, non potrebbero intervenire nella riuscita di una gravidanza.
  2. Tecnica Offa: consente l’attivazione follicolare attraverso la frammentazione del tessuto ovarico. Consiste in una procedura con la quale viene prelevato in via laparoscopica un campione di corteccia ovarica, che viene frammentato per per favorire la crescita dei follicoli “dormienti”. Questi frammenti vengono reimpiantati, successivamente, nell’ovaio della stessa paziente. 

Ci possono essere controindicazioni? Sono chiaramente operazioni innaturali. Si sta forzando una parte del corpo a rispondere per forza alla stimolazione e inoltre si sta cercando di curare un sintomo. Apriamoci quindi ad altre soluzioni.

 

SOLUZIONE N° 1 del Dott. Davide Maiocchi, Biologo nutrizionista

Vi sono studi scientifici molto recenti che correlano gli effetti della supplementazione di Vitamina D sul livello di AMH.

La CARENZA DI VITAMINA D ad esempio altera la segnalazione di AMH , la sensibilità dell’FSH, la produzione e il rilascio di progesterone, indicando un possibile ruolo fisiologico della CARENZA DI VITAMINA D nello sviluppo follicolare ovarico e nella luteinizzazione.    

Nelle donne carenti di VITAMINA D con PCOS, l’integrazione di vitamina D, riduce l’ AMH sierico anormalmente elevato.

Questo è connesso al fatto che l’integrazione con VITAMINA D, migliora la formazione di nuovi follicoli SANI (FOLLICOLOGENESI).

LO STUDIO PIU’ RECENTE E PIU’ IMPORTANTE QUAL’E?
Integrazione acuta con vitamina D3 ad alte dosi aumenta

l’ ormone antimulleriano sierico nelle donne.

Gli ormoni e tutte le molecole del corpo seguono strettamente la ciclicità diurna e notturna (ritmi circadiani), i cicli solari e lunari, e i cicli stagionali (in particolare la luce e la temperatura).

Tale ciclicità è alla base della salute.

La crescita e la fertilità, sono regolati dall’asse del circuito cerebrale ipotalamo-ipofisi-pineale, che integra e sincronizza i cicli notte-giorno della sintesi e secrezione di tutti gli ormoni.

A loro volta i cicli e ritmi ormonali del giorno e della notte sono sotto stretto controllo degli impulsi della ghiandola pineale, che integra e rispedisce i messaggi alle ghiandole endocrine.

SOLUZIONE N° 2 del Dott. Davide Maiocchi, Biologo nutrizionista

La DIETA (intesa come restrizione calorica) e’ vista come una minaccia alla nostra stessa sopravvivenza, poiché ci rende incapaci di consumare abbastanza calorie per soddisfare il nostro fabbisogno energetico giornalieri.


Il nostro corpo, associa all’insufficiente numero di calorie assunte, un segnale di carestia e quindi di PERICOLO.

Con una riduzione del consumo calorico ed energetico quotidiano si va incontro ad una perdita di massa magra.

Con la perdita di massa magra, si altera il metabolismo basale, che si riduce ulteriormente anche  l’ipocaloricità: questa riduzione comporta, poi, una riduzione in velocità nella perdita di grasso proprio per un mal funzionamento del metabolismo basale.

Questo ci fa capire che nella donna che sta cercando di avere un bambino, perdere massa muscolare in seguito a una dieta ipocalorica significa rinunciare ad impiegare parte dell’energia derivante dall’alimentazione per svolgere le funzioni riproduttive, sopprimendo la funzione gonadica. 

Altro aspetto da considerare è che sottoalimentarsi vuol dire ridurre il metabolismo basale e anche le funzioni organiche, in particolar modo la funzione tiroidea che risulta essere l’interruttore principale della FERTILITA’.

Infatti una tiroide scarsamente attiva, può essere associata a un incremento di peso progressivo, indipendentemente da quanto sia sana e bilanciata l’alimentazione.


Fonte:

9 mesi (Magazine) 

https://www.my-personaltrainer.it/salute/ormone-antimulleriano.html

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